Acciaio
Acciaio inossidabile
Ghisa
Metalli non-ferrosi
Materiali difficili da lavorare
Acciaio temprato
- La tradizione giapponese del Sushi
"Kohada, grazie!" "Arriva subito!" I grandi chef di sushi preparano l'ordine proprio davanti agli occhi del cliente, ed è un piacere guardarli mentre trasformano anni di esperienza e di formazione in un piatto prelibato.
Nel diciannovesimo secolo, Edo (Tokyo) era disseminata di chioschi di sushi, l'antica versione giapponese del moderno fast-food. I chioschi erano affollati di avventori che si fermavano per un boccone veloce, clienti affamati che pagavano l'equivalente della valuta attuale di 150 - 200 yen (1,00 - 1,50 euro) il pezzo. Il sushi era un pasto comune per i commercianti.
Alcuni sostengono che il sushi sia l'evoluzione del Nare-zushi, un alimento introdotto dal vicino continente asiatico nel VIII secolo. Il nare-zushi era composto da pesce e riso fermentati nell'acido lattico. Il riso, reso pastoso dalla fermentazione, veniva buttato via e solo il pesce veniva consumato. Nel XIII secolo il tempo di fermentazione venne ridotto: si iniziò a mangiare sia il pesce che il riso e il nuovo piatto venne chiamato Nama-nare-zushi, o nare-zushi "crudo". Nel XIV secolo fecero la loro comparsa l'Oshi-zushi e il Haya-zushi. L'Oshi-zushi era preparato con pesce salato su riso, mentre il Haya-zushi era composto da riso marinato con aceto.
Fu intorno al 1820 che il sushi come lo conosciamo oggi fece la sua comparsa; la sua introduzione viene attribuita a un uomo di nome Yohei Hanaya. Hanaya possedeva un chiosco nel mercato del pesce di Nihonbashi, a nord del mercato di Tsukiji oggi noto a livello internazionale. Nihonbashi si trova nella baia di Tokyo, all'epoca nota con il nome di Edo-mae, da cui l'intera area veniva rifornita di pesce e molluschi freschi come un tipo di alosa (Kohada), l'orata (Tai), la spigola (Suzuki), il gambero tigre (Karuma-ebi), l'anguilla marina (Anago) e i fasolari (Hamaguri). Non esistendo ancora il frigorifero, il pesce veniva stufato, marinato o fritto per poter essere conservato.
La tecnologia di produzione del ghiaccio sviluppata alla fine del XIX secolo rivoluzionò la capacità di conservazione degli alimenti; la possibilità di mantenere fresco il pescato condusse Hanaya lungo un viaggio di esplorazione volto a esaltare il gusto del pesce fresco, itinerario che vide il suo culmine nel sushi che il mondo ha imparato a conoscere e ad apprezzare. Grazie alla maggiore diffusione del sushi in abbinamento al sake nel periodo postbellico, i maestri del sushi si dedicarono allo sviluppo di tecniche capaci di esaltare al massimo il gusto del sushi, che da quel momento si è tramutato in un'arte.
Occorrono almeno 10 anni per diventare un maestro di sushi. Nel primo anno di apprendistato non è nemmeno permesso l'uso del coltello; e soltanto al settimo anno viene concesso di lavorare con il tonno. La maggior parte di questo lungo percorso di formazione che i laboriosi apprendisti compiono per anni è dedicato alla preparazione degli ingredienti. Quello che vediamo con i nostri occhi quando ordiniamo uno di questi piatti è soltanto una minima parte della loro tecnica.
Se si decide di ordinare alla carta, è bene provare i diversi tipi di pesce.
Per gustarlo al meglio, il sushi va mangiato non appena viene servito.
Non è educato trattenersi troppo a lungo se si ordinano soltanto contorni e bevande.
È considerato inopportuno da parte dei clienti di un ristorante usare termini comunemente impiegati dagli chef di sushi. Evitare quindi di chiedere un Agari se desidera tè verde, oppure Murasaki se si ha voglia di salsa di soia.